lunedì 11 aprile 2016

10 regole per la conversazione

Tutti noi abbiamo avuto grandi conversazioni. Le abbiamo già avute. Sappiamo com'è. Il tipo di conversazioni in cui ci si sente rapiti e ispirati, si sente di essere riusciti a stabilire una connessione vera e propria, di essere stati perfettamente compresi. Non c'è motivo perché tutte le vostre conversazioni non possano essere così.
Perciò, io ho 10 regole base. Ve le mostrerò una per una, ma, onestamente, se ne scegliete anche solo una e la perfezionate sarete già in grado di godervi delle conversazioni migliori.

Numero uno: mentre parlate non fatre altro. E non intendo solo posare il telefono il tablet, le chiavi della macchina, o qualsiasi cosa abbiate in mano. Intendo, siate presenti. Siate lì in quel momento. Non pensate alla lite che avete avuto con il vostro capo. Non pensate a cosa vi cucinerete per cena. Se volete interrompere la conversazione, interrompetela, ma non siate metà lì e metà da un'altra parte.

Numero due: non pontificate. Se volete affermare la vostra opinione senza ammettere replica, discussione, opposizione o crescita, scrivete un blog. (Risate) C'è un'ottima ragione se non lascio spazio ai critici nel mio show: perché sono davvero noiosi. Se sono conservatori, odieranno Obama, i buoni spesa e l'aborto. Se sono liberali, odieranno le grandi banche, le società petrolifere e Dick Cheney. Totalmente prevedibili. E voi non volete essere così. Dovete iniziare ogni conversazione pensando che potreste imparare qualcosa. Il famoso terapeuta M. Scott Peck ha detto che il vero ascolto richiede saper mettere da parte se stessi. E questo significa a volte mettere da parte la nostra opinione personale. Diceva che, sentendosi accettato, chi parla diventerà sempre meno vulnerabile e più portato a svelare i recessi della sua mente a chi ascolta. Ancora, supponete di avere qualcosa da imparare. Bill Nye: "Chiunque incontriate sa qualcosa che voi non sapete". Io dico così: Ognuno è esperto di qualcosa.

Numero tre: usate domande a risposta aperta. In questo caso, prendete spunto dai giornalisti. Iniziate la domanda chiedendo chi, cosa, quando, dove, perché o come. Se elaborate una domanda complessa, otterrete una risposta semplice. Se vi chiedo: "Eravate terrorizzati?" risponderete alla parola più potente della frase, cioè "terrorizzati" e la risposta sarà "sì" o "no". "Eri arrabbiato?", "Sì, ero molto arrabbiato." Lasciate che siano loro a descriverlo. Loro sono quelli che lo sanno. Provate a chiedergli cose come: "Com'è stato?" "Come ti sei sentito?" Perché a quel punto potrebbero doversi fermare un attimo per rifletterci e otterrete risposte molto più interessanti. ......

Celeste Headlee, https://www.youtube.com/watch?v=R1vskiVDwl4

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